“Ho
imparato che il mondo degli uomini così com'è oggi è una
burocrazia. È una verità ovvia, certo, per quanto ignorarla
provochi grandi sofferenze. Ma ho anche scoperto, nell'unico modo in
cui un uomo impara sul serio le cose importanti, la vera dote
richiesta per fare strada in una burocrazia. Per fare strada sul
serio, dico: fai bene, distinguiti, servi. Ho scoperto la chiave. La
chiave non è l'efficienza, o la rettitudine, o l'intuizione, o la
saggezza. Non è l'astuzia politica, la capacità di relazione, la
pura intelligenza, la lealtà, la lungimiranza o una qualsiasi delle
qualità che il mondo burocratico chiama virtù e mette alla prova.
La chiave è una certa capacità alla base di tutte queste qualità,
più o meno come la capacità di respirare e pompare il sangue sta
alla base di tutti i pensieri e le azioni. La chiave burocratica alla
base di tutto è la capacità di avere a che fare con la noia. Di
operare efficacemente in un ambiente che preclude tutto quanto è
vitale e umano. Di respirare, per così dire, senz'aria. La chiave è
la capacità, innata o acquisita, di trovare l'altra faccia della
ripetizione meccanica, dell'inezia, dell'insignificante, del
ripetitivo, dell'inutilmente complesso. Essere, in una parola,
inannoiabile.”
Così scriveva David Foster Wallace nel
Re Pallido.
Nella letteratura o nella
cinematografia (più in generale nel'immaginario collettivo) il
fantasma è, anche esteticamente la rappresentazione plastica della
mancanza, dell'assenza. Il fantasma è etereo, incorporeo, il suo
corpo intangibile non può essere toccato dai “viventi” (le
virgolette le capirete dopo), la sua presenza è spesso quella
dell'osservatore immobile. Nessuno spettro apparizione o fantasma
propriamente detto può interagire con la materia sensibile poichè
appartiene ad un mondo Oltre-il-nostro, nel quale non esiste la
dimensione fisica, ma solo quella metafisica. Nella sua condizione
il fantasma ,che appare in letteratura o nella fiction, è spesso
legato ad un ruolo che a fare con la sua “vita” precedente:
questioni irrisolte, vendette, oppure un ruolo pedagogico, da “angelo
custode”, da consigliere sulle cose-della-vita. Non vi può essere
apparizione spettrale senza una mancanza, una perdita. Che sia un
argomento futile o profondo, il trauma da cui origine tale perdita,
c'è un filo comune che lega tutte le apparizioni spettrali, la
volontà di mettere le cose a posto, di farle funzionare, di riuscire
a dare un senso alla vita anche dalla non-vita. In fondo ogni
fantasma è un promemoria non-vivente del tempo mancante, della
caducità della condizione umana e del disperato tentativo di colmare
i vuoti di uno stile di vita sempre più alienante.
Oggi non si può fare un analisi
semiseria e assolutamente gratuita sugli esseri spettrali senza
guardare al nostro tempo, alla nostra realtà. Nella “vita” di
oggi i corpi sono sfruttati continuamente, dalle condizioni di
lavoro umilianti, ai centri-tempio del fitness; da chi usa i corpi
come merce a chi vorrebbe dargli un valore esclusivamente economico.
Sia ben chiaro che non esistono solo esempi negativi, c'è anche chi
usa il proprio corpo per migliorare le proprie condizioni o quelle
degli altri, chi lo usa per difendere qualcosa o qualcuno (anche
quattro alberi in un parco storico), solo per citare alcuni esempi.
Ma in pochi si concentrano sulla perdita, sulla mancanza. Ed ecco che
oggi il fantasma che appare all'ignaro e savissimo protagonista, non
è più un fatto soggettivo, che riguarda esclusivamente le storie
personali dei soggetti in causa, oggi il fantasma non può esimersi
dal ruolo di esempio, di monito, e ha sempre a che fare con l'alienzione della nostra specie. Nella sua temporalmente infinita
non-vita il fantasma ci ricorda di cogliere ogni attimo, di viverlo
fino in fondo. Nella sua incorporeità il fantasma ci ricorda di
mettere in gioco anche i corpi oltre che le menti. Nel mondo dei
socials l'apparizione spettrale ci ricorda (come faceva DFW) il
paradosso del nostro tempo, fatto di persone continuamente online
e profondamente disconnesse le une dalle altre.
La “vita” feticizzata in una delle
sue declinazioni commerciali non appartiene più allo spettro, che
libero dalla società dei soggetti catturati e degli oggetti
posseduti, acquisisce una nuova prospettiva che, liberata
dall'azione, si concentra sull'essenziale; cosa ci può essere di
essenziale per un essere senziente ma non-vivo? Proprio quella vita
che oggi, continuamente, derubrichiamo ad oggetto. Proprio quella
vita che molti di noi oggi stanno perdendo guardando lo schermo
colorato di uno smartphone, invece di guardare negli occhi la persona
che hai davanti.